Serie: Cento Vedute del Fuji, Fugaku Hyakkei.
Tecnica: nishikie, xilografie in tre toni di grigio.
Formato: hanshinbon koban dittico (mm circa 183×253).
Firme: Zen Hokusai Iitsu aratame Gakyorojin Manji.
Sigillo dell’artista: Fuji no Yama.
Date: 1834- 1°album, 1835- 2° album, 1836- 3° album.
Incisori: Egawa Tomekichi e Tsentaro.
Editori: Nishimura Yuzo, Eirakuya Toshiro.
Superba prova con ottimi contrasti, in una rara prima edizione stampata in tre toni di grigio. Impressa su carta del Giappone tra il 1834 e il 1836. In eccezionale stato di conservazione, con margini intonsi tutt’intorno oltre la linea marginale.
Bibliografia:
Calza G.C. Hokusai, il vecchio pazzo per la pittura, Milano 1999-2000, Londra, 2003.
Calza G.C. Hokusai, le cento vedute del Fuji, Milano, 1982.
Dickins F.V. Fugaku hiyaku-kei: one hundred view of Fuji by Hokusai, Londra, 1880.
Forrer M. Hokusai, prints and drawings, Londra, 1991.
Pietro Gobbi. Firme sigilli stemmi filologia dell’Ukiyo-e, Torino, 1989.
Hillier J. The art of Hokusai in book illustration, Londra, 1980.
Joly H. Legend in Japanese art, Rutland, Tokyo, 1973.
Lane R. Hokusai, vita ed opere, Milano, 1991.
Salamon Villa T., Le cento vedute del Fuji, Torino, 1975.
Smith II H. Hokusai: one hundred view of Fuji by Hokusai, Londra, 1988.
Uno dei grandi capolavori dell’arte giapponese.
Racconta la leggenda che nei giorni di vento, quando i marosi si levano alti e gonfi può accadere che una violenta folata s’impadronisca della cresta di un’onda, la stacchi dalla scura massa e la lanci nel cielo trasformandola in un pizzo di schiuma.
La cresta prima di ricadere nell’avvallamento che l’attende, sembra per un istante fermarsi, restare immobile nel vuoto. In quell’attimo fuori del tempo, minuscole bolle si librano nello spazio, s’innalzano e si rituffano, ed eccole trasformate in uno stormo di chidori, piccoli pivieri nati dall’oceano e dal vento.
L’occhio dello spettatore giapponese è abituato a guardare da destra a sinistra, così lo sguardo accompagna la spuma generata dal rovesciarsi delle onde, fino al volo dei pivieri. Nulla è raffigurato che non sia in movimento, anche i pini che si ergono oltre l’ultima cresta, fremono al vento. Un’ellissi vorticosa, dalla cresta protesa, all’incalzare di una nuova onda, un turbinio ipnotico che afferra lo spettatore lasciandolo infine sorpreso: ecco, unico punto fermo, il Fuji.
La tavola richiama l’incisione della celebre Kanagawa oki namiura l’onda presso la costa di Kanagawa, la Grande Onda della serie delle Trentasei vedute del Fuji.
Più volte Hokusai ha dipinto questa leggenda, metafora della sua ricerca, dalla Grande Onda citata a quelle, quasi “protostoriche”, in due serie di paesaggi all’occidentale: Kanagawa oki Honmoku no zu, veduta di Honmoku vicino a Kanazawa (1803 ca.) e Oshiokuri hato tsusen no zu, imbarcazioni da trasporto in mezzo alle onde (1805 ca.) ma nessun’altra immagine, ne possiede la stessa suggestione, il respiro filosofico-religioso, l’impianto architettonico, la vastità di concezione pittorica.